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La bellezza del “sufficientemente buono”

Viviamo in un mondo che ci spinge costantemente a migliorare, a crescere, a diventare la “migliore versione” di noi stessə. Questa spinta verso il progresso personale è spesso presentata come una virtù, un imperativo per raggiungere la felicità e il successo. 

Ma cosa succede quando questa pressione diventa schiacciante? Cosa accade quando il continuo sforzo di migliorarsi ci fa perdere di vista la bellezza di chi siamo in questo momento? 

È qui che forse può entrare in gioco il concetto del “sufficientemente buono”, cioè l’idea che crescere, migliorarsi, diventare sempre più consapevoli non è l’ennesima gara da vincere.

La pressione del miglioramento continuo

Quella che generalmente viene chiamata “crescita personale” non è stata risparmiata dalla macchina vorace del consumismo. Ogni cosa diventa un prodotto commerciale e, in quanto tale, va venduto, consumato e rivenduto.

Perciò, anche un’esperienza profonda e importante come il lavoro introspettivo che un essere umano può fare su di sé viene venduta come qualsiasi altro prodotto intorno a noi. 

Così, l’aspettativa aumenta e, soprattutto, aumenta la pressione nell’aderire ad un modello considerato virtuoso e giusto.

Siamo circondatə da messaggi che ci incoraggiano a essere sempre di più: più produttivə, più saggə, più in forma, più felici. I social media, le pubblicazioni di self-help, percorsi e corsi. 

Tutto ciò potenzialmente ci può essere davvero di aiuto ma, allo stesso tempo, può farci sentire come se non fossimo mai abbastanza. 

La cultura del miglioramento personale è diventata così pervasiva che il progresso sembra non essere più una scelta, ma un obbligo. Questa pressione può portare a sentimenti di inadeguatezza, ansia e stress, poiché ci sentiamo costantemente in corsa verso un traguardo che sembra sempre sfuggirci.

L’illusione della perfezione

L’idea di diventare la “migliore versione” di noi stessə può essere stimolante, ma anche incredibilmente stressante. Anche perché, la versione corrente di noi è necessariamente insufficiente o sbagliata?

La verità è che la perfezione è un orizzonte irraggiungibile, un’illusione che ci tiene intrappolatə in un ciclo infinito di sforzi e insoddisfazione. 

Questo incessante desiderio di migliorarsi può farci perdere di vista la realtà della nostra quotidianità e anche renderci incapaci di accettare ciò che è. 

Il valore del sufficientemente buono

Ma cosa succede se scegliamo di essere semplicemente “sufficientemente buonə”? C’è un valore immenso nell’accettarsi per ciò che siamo in questo momento, riconoscendo che, anche se ci sono sempre opportunità di crescita, non è necessario essere in un costante stato di sviluppo. 

Accettare di essere “sufficientemente buonə” non significa rinunciare ai nostri sogni o ambizioni, ma è dare valore e riconoscere che siamo già abbastanza, proprio come siamo.

Questa accettazione può portare a una profonda sensazione di pace e serenità, permettendoci di vivere con maggiore gentilezza e compassione verso noi stessə

Quando smettiamo di correre dietro alla perfezione, possiamo iniziare a goderci il viaggio della vita per quello che è, apprezzando ciò che abbiamo, le nostre vulnerabilità e le nostre imperfezioni.

Rallenta e respira: prenditi una pausa

Quando la realtà e il mondo ti spingono costantemente a fare di più, a essere di più, prendersi una pausa può sembrare controintuitivo, quasi contronatura. 

Eppure, è esattamente ciò di cui spesso abbiamo bisogno. Rallentare, respirare e godersi il cammino senza fretta può essere una potente forma di auto-cura.

Non dobbiamo sempre raggiungere obiettivi più alti per sentirci realizzatə. A volte, il vero traguardo è semplicemente essere presenti nel momento, apprezzando ciò che abbiamo e chi siamo.

 Questa pausa, questo momento di respiro, può darci la forza di continuare il nostro percorso con maggiore equilibrio e serenità.

Celebrando l’imperfezione e la vulnerabilità

C’è una bellezza unica nella spontaneità e nell’imperfezione dell’essere umano. La nostra società spesso ci insegna a nascondere le nostre debolezze e a puntare solo sui nostri punti di forza, ma è proprio nelle nostre vulnerabilità che risiede la nostra vera umanità. 

Essere “sufficientemente buonə” significa anche abbracciare queste vulnerabilità, riconoscendo che non dobbiamo essere perfettə per essere degni di amore, rispetto e accettazione.

Le nostre imperfezioni rispettano e raccontano chi siamo. Sono parte della nostra storia, della nostra esperienza di vita, e ci ricordano che la bellezza della vita risiede nella sua complessità, nei suoi alti e bassi. 

Quando impariamo ad accettare e celebrare queste imperfezioni, possiamo vivere con maggiore autenticità e connessione con noi stessə e con le altre persone.

Il ruolo della società e delle relazioni nella percezione di sé

È importante riconoscere che la nostra percezione di noi stessə è spesso influenzata dalla società e dalle relazioni che coltiviamo. Viviamo in un mondo che tende a glorificare la perfezione e il successo, e questo può farci sentire costantemente inadeguatə

Ma noi possiamo scegliere di circondarci di persone e ambienti che sappiano valorizzare l’autenticità e la gentilezza, al posto della perfezione.

Le relazioni genuine, basate su rispetto reciproco e comprensione, possono aiutarci a rafforzare la nostra autostima e a vedere il valore in chi siamo, e non in chi pensiamo di dover essere. È essenziale coltivare connessioni che ci permettano di essere noi stessə, senza la pressione di doversi conformare a standard irrealistici.

La libertà del “sufficientemente buono”

Se la crescita e il miglioramento diventano le nuove forti catene con cui l’essere umano si imprigiona, c’è invece un’enorme libertà nell’abbracciare il concetto del “sufficientemente buono”. 

Questa, forse, è la vera autodeterminazione: capire che la vita non è una gara, che noi non siamo obbligatə a correre sempre e che “crescere” significa anche capire quando è il momento di fermarsi. 

Così, ci si può sentire davvero liberə: poter assaporare i momenti senza bruciarli; poter accettare la realtà senza desiderare sempre altro; poter vivere il presente senza divorarlo (della presenza mentale ne ho parlato QUI).

L’equilibrio, la consapevolezza, la centratura, la maturità si esprimono proprio in questo: essere se stessə senza pressioni né forzature.

Per concludere, ti consiglio questo libro che credo possa aiutarti ad approfondire ancora di più l’idea di una crescita personale sostenibile. Si tratta di: “Forse sei già felice e non lo sai. Il primo manuale di crescita realistica e sostenibile” di Paolo Borzacchiello (ordinabile QUI presso la libreria indipendente La Storia di Crema).

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Simona Barboni
info@simonabarboni.com

Stilista, creativa e artigiana: creo abbigliamento su misura, do nuova vita ai capi e eseguo riparazioni sartoriali e creative. Promuovo la moda etica e responsabile.

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